Crudo, cotto con una delle tante ricette della cucina mediterranea oppure al vapore? Il pesce crudo è ormai un must in molti ristoranti ma, a casa, meglio restare fedeli ai nostri fornelli!
Che cosa s’intende per “pesce crudo servito in tavola”
Lungo le coste del nostro paese si mangia pesce crudo da sempre, soprattutto marinato (come le alici, per esempio), o addirittura pescato e consumato sul posto come le cozze o le ostriche. Oggi il termine evoca soprattutto tartare, carpacci — spada, tonno, dentice, branzino — e crostacei, proposti nei menu di molti ristoranti italiani, nonché sushi — il tipico piatto giapponese a base di pesce e riso avvolto in un foglio di alghe, che ha conquistato i palati di tutto il mondo- e ceviche — ricetta a base di frutti di mare e pesce crudo, marinati nel limone e spezie piccanti, tipica dei paesi dell’America Latina che si affacciano sul Pacifico, nuova hit della cucina fusion.
Pesce sì, ma perché crudo?
Come sappiamo, il pesce è un’ottima fonte di proteine, di omega-3 — gli acidi grassi polinsaturi in grado di abbassare il livello dei trigliceridi nel sangue e dunque contribuire alla prevenzione delle malattie cardiovascolari — e di vitamine del gruppo B. Consumare pesce inoltre aiuta a moderare l’apporto calorico dell’alimentazione. Da questo punto di vista il sushi è un piatto perfettamente bilanciato, perché alle molecole buone del pesce associa il riso, e quindi i carboidrati, e le alghe, che contengono minerali e vitamine rare. Una volta cotto, questo alimento perde molte delle sue proprietà , perché il calore danneggia o addirittura distrugge alcune proteine e vitamine. Mangiarlo crudo quindi può fare molto bene al nostro organismo, ma la scelta non è priva di rischi.
Le insidie del crudo
I pesci crudi possono contenere agenti patogeni come parassiti, batteri, virus e tossine molto pericolosi per il nostro organismo. L’anisakis, per esempio, un parassita presente nelle viscere di molti pesci (come le alici e tutto il pesce azzurro) può dare febbre, vomito, diarrea e gravi forme di allergia, specie in donne e bambini. I molluschi bivalvi invece come cozze e vongole possono essere portatori di organismi che provocano epatiti o gravi infezioni alimentari, come la salmonella o il colera.
L’efficacia dell’azione preventiva a norma di legge
Il quadro dunque può essere preoccupante, ma in realtà dal 1997 possiamo stare tranquilli: l’essenziale è limitare il consumo di pesce crudo al ristorante — o in seguito all’acquisto presso la grande distribuzione organizzata. Da quell’anno, infatti, proprio per combattere il pericolo d’intossicazione da anisakis, un insieme di leggi ha vietato la vendita e la somministrazione di pesce crudo, a meno che questo non venga abbattuto in precedenza alla temperatura di -20°C per 24 ore. Il trattamento favorisce il prolungamento della vita media del cibo, contrastando la crescita batterica al suo interno.
Il consumo di pesce crudo in casa
Nella maggior parte delle nostre case siamo sprovvisti di un abbattitore, quindi è meglio appagare la voglia di sushi o ceviche in un ristorante ben gestito. Questo non deve indurre però a limitarne il consumo tra le pareti domestiche. L’importante è cuocerlo, magari a vapore, così da essere certi di eliminare definitivamente, specie per i più piccoli, tutti i batteri. Il pesce cotto in questo modo è tra l’altro particolarmente digeribile e non ha controindicazioni. Ricordiamoci infine che “cuocere” le alici nel limone non basta per uccidere l’anisakis.
Dunque il pesce è sempre meglio non consumarlo da crudo, ma non rinunciamo ad acquistarlo: fa bene, in genere costa poco e, per cucinarlo, ci sono centinaia di ricette gustose.